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Il design è semplice, se non è semplice che design è?

Coloro che hanno qualche annetto in più ricorderanno di certo il grande Nino Manfredi che recitava questo mitico slogan per la Lavazza (ovviamente con il caffé). Ma è altrettanto bello rubarlo per adattarlo alle parole di Paul Rand per descrivere il design e i suoi processi.

Paul Rand è uno di quei maestri, come il nostro amato Massimo Vignelli, che tutti coloro i quali si rivolgono al design dovrebbero conoscere, specie i più giovani.

Al culmine della sua carriera, Rand scrive un prezioso libro “Thoughtes on design“. Un volumetto leggero che tutti i designer dovrebbero leggere. Qui vi trovere la sua visione pionieristica e il suo metodo di lavoro secondo la quale tutto il design – che si tratti di pubblicità, stampa o design industriale – dovrebbe integrare ‘il bello e l’utile‘. Siamo nel 1947.

A quel tempo il grafico, nato a Brooklyn, aveva poco più di trent’anni e, da autodidatta, era già una rivelazione. Soltanto sei anni prima era diventato direttore artistico capo presso l’agenzia Willian H. Wintraub & Co., e già gli era stato attribuito il merito di aver rivoluzionato quel mondo abbottonato e pieno di luoghi comuni, grazie all’introduzione dell’elettrizzante trasparenza del modernismo europeo.

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Paul Rand ha ammesso che per tutta la vita si è sempre sentito insicuro nelle vesti di scrittore. È solo grazie alla sua passione nei confronti del design che è riuscito ad esserlo in modo così efficace. Con i suoi lavori Rand ha dimostrato forse meglio di chiunque cosa sia la virtù di dire molto con poco, e infatti Pensieri sul Design è un libro talmente semplice che sembra un favola per bambini: breve, frasi semplici con illustrazioni chiare e divertenti. É proprio per questo che alla fine risulta una delle migliori opere sul che cosa sia il buon design.

Ecco che la semplicità di cui parla Rand è, di fatto una conquista:

“Design is so simple, that’s why it’s so complicated.”

Perchè arrivare alla sintesi, dire molto con poco, essere diretti ed efficaci in ogni artefatto di design richiede la giusta fatica e ricerca. Ha poco a che vedere con il gusto personale e molto  con la funzione di trasmettere concetti e sensazioni in un modo elegantemente comprensibile e condivisibile. Il design semplici è uno dei grandi problemi ed enigmi del visual, un po’ come l’enigma dei numeri primi (ok, forse un tantino più semplice :P)

C’è anche una -ormai celebre- storiella carina sulla sintesi di Rand, quando Jobs gli chiese di disegnare il logo di NeXT. “Mi pagherai 100.000$ e io ti presenterò solo un’opzione, quella giusta!” disse Rand a Steve… dopo due settimane aveva pronto il logo di NeXT.

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Quando vedo dei lavori di giovani grafici, spesso degli studenti, vedo quanta fatica fanno nell’approcciarsi con la ricerca progettuale. Questo anche perchè (forse) i millenials sono abituati a dei processi in cui tutto è veloce ed effimero e la tecnologia ti porta, tuo malgrado, ad utilizzare molti elementi pronti o comunque nasconde  bene i processi di design nei suoi strumenti digitali. Per questo spesso è utile ancora partire dalla carta e dalla matita (ok, va bene anche una penna digitale ed uno sketchbook su iPad, a patto che sia uno strumento dal feeling realistico, come la Apple Pencil o la Bamboo FineLine).

Quindi, che cos’è il design semplice? Abbiamo la fortuna di chiederlo (indirettamente) allo stesso Paul Rand, grazie ad un altro celebre personaggio, John Maeda nel libro Maeda@Media.

John Maeda era un ex allievo del MIT e amico di Paul Rand. Nel 1996 partecipò ad un seminario finale di Rand di fronte a una sala gremita al Media Laboratory del M.I.T. di Boston. Nel suo libro, parla brevemente della serata e riporta alcune domande interessantissime poste a Rand.

Come uno studente laureato alla M.I.T., sono incappato in un sottile, indefinibile libro intitolato “Riflessioni sul design” di Paul Rand. A quel tempo stavo cercando di costruirmi una reputazione come designer di interfacce utente. Ma, non appena ho sfogliato il libro di Rand, mi sono sentito umiliato dal potere con cui lui manipolava lo spazio e la chiarezza della sua scrittura. Mi ha subito ispirato ad impegnarmi ancora più a fondo nel campo della grafica, non necessariamente applicata alla UX per i computer.

JM: Che cos’è il design?

PR: Il design è il metodo per mettere forma e contenuto insieme. Il Design, così come l’arte, ha molte definizioni, non esiste una singola definizione. Il design può essere arte. Il design può essere estetica. Il design è così semplice, ed è per questo che è così complicato.

JM: Qual è la differenza tra un designer e un artista?

PR: Non vi è alcuna differenza tra un designer e un artista. Entrambi lavorano con forma e contenuto. Cerco di fare arte, se lo faccio realmente o no non spetta a me dirlo, tocca a Dio.

JM: Qual è la differenza tra un buon design e cattivo design?

PR: Un cattivo design è irrilevante. É superficiale, pretenzioso … fondamentalmente come tutta la roba che si vede oggi là fuori.

JM: Quali sono le competenze fondamentali di un designer?

PR: L’abilità fondamentale è il talento. Il talento è una merce rara. Qui l’intuizione è tutto. E sfortunatamente non si può insegnare l’intuizione.

JM: La maggior parte dei tuoi design sono durati per diversi decenni. Ci diresti qual’è il tuo segreto?

PR: Mantenere le cose semplici. Essere onesti, voglio dire, essere del tutto obiettivi sul proprio lavoro. Lavorandoci molto duramente.

JM: Come hai cominciato quando eri un giovane designer?

PR: (alzando le sopracciglia) Penso che avresti dovuto chiedermi, invece, “Come hai potuto iniziare, poco più che un bambino?”

 

…La sua conferenza fu così ben accolta al M.I.T. che Dean William Mitchell e Nicholas Negroponte suggerirono che Rand dovesse unirsi alla facoltà presso il Media Lab. Negroponte voleva avere una conferma circa l’interesse reale di Rand a far parte del laboratorio e quindi gli inviarono via fax i loro propositi. Egli rispose: “Certo che accetto la nomina!”

Pochi giorni dopo paul Rand se ne andò.

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